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Carrara e le cento vetrine spente

fondo sfittoSono una decina i commercianti del centro-città che stanno seriamente pensando di abbassare le serrande. Fosse per gli incassi, chiuderebbero domani, ma cessare un’attività comporta sperperio di tempo e di denaro.

La tentazione di appendere le chiavi al chiodo è forte, anche perché in molte strade del centro i negozi chiusi sono più di quelli aperti: ad esempio, in via Santa Maria e in via Ghibellina, strade che abbracciano il Duomo – opera di straordinario valore architettonico – e un tempo cuore-pulsante della vita carrarese.

Un’indagine 2013 del Comune confermava che solo in centro c’erano cento fondi sfitti: l’ha ricordato l’assessore al commercio Fabio Traversi sul Tirreno del 4 gennaio. La cartina delle chiusure era stata disegnata anche per obbligare i proprietari dei fondi sfitti a tenere serrande e vetrine vuote almeno in maniera decorosa (leggi ordinanza nell’articolo sotto). Dopo un ultimatum, ne sarebbero dovute derivare anche sanzioni. Non è accaduto nulla: nessun richiamo, nessuna multa, come ammette Traversi.

Noi abbiamo fatto una passeggiata per la città. Abbiamo guardato le vetrine: quelle vuote. Se fossimo un commerciante che fa di tutto per attrarre gente nella propria strada con non solo collezioni e merce azzeccate ma anche vetrine curate, entrata circondata da fioriere o piante .. saremmo molto arrabbiati. Il percorso che abbiamo fatto è sicuramente parziale – sono rimaste fuori strade-clou, ad esempio il tratto della via Carriona che circonda il Conad – ma ci ha reso l’idea. Più di una quarantina sono i fondi vuoti che abbiamo contato solo tra via Roma, zona Posta, e poi via Loris Giorgi, piazza Alberica, via Ghibellina, via Santa Maria.
La palma d’oro del fondo-scandalo per l’incuria la merita il proprietario dei locali lasciati da Equitalia: in via Groppini, cioè a venti passi dalla strada del passeggio, e sotto la storica sede del Pd (possibile che nessun consigliere Pd e/o nessun assessore Pd, abbia sentito l’esigenza di dire/fare/segnalare qualcosa?).

Anche in via Loris Giorgi c’è “gran bruttura”: il fondo nello storico palazzo anni fa occupato dalla filiale carrarese della Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno ha vetrate vessate e cartelloni da pugno nell’occhio appiccicati; una decina di passi e c’è un altro fondo (che era stato per anni occupato da un negozio di abbigliamento sportivo) con la saracinesca addirittura dimenticata a mezz’aria.

In via Ghibellina perdiamo il conto di quanti siano i fondi sfitti. Sulla porta dell’ex ristorante Alcova c’è persino cellofan, oltre che cartelloni fosforescenti che cercano di piazzare l’attività. Non parliamo poi di via Santa Maria: Tabula Rasa il bel negozio di attrezzi per lavorare la pietra che si è trasferito lì da poco è circondato da vetrine abbandonate nel degrado: accanto e di fronte. Qui ti accorgi (anche) della moria di negozi che c’è stata: sparita l’erboristeria, la merceria, il negozio di scarpe sostituito però da una galleria d’arte..

Siamo in via Roma. La panetteria “Pan, focaccia e fantasia” si è trasferita un centinaio di metri più avanti ma il vecchio mobilio (impolverato) rimane lì: in mostra. Entriamo in galleria lato piazza Farina: “Tacco alto” si è trasferito due vetrine più avanti, ma il fondo lasciato non ha serrande abbassate e ciò che si vede non è un bel vedere …

Basterebbe poco. L’ordinanza del sindaco che chiedeva ai proprietari di fondi sfitti di collaborare al decoro è molto chiara: non attaccare cartellonistica, tenere pulito, non dimenticare resti di mobilio, pezzi di insegne. Il contrario di ciò che abbiamo visto in questo nostro mini-tour. Eppure ci chiediamo: quanto mai ci vorrà a dare una spazzata ogni tanto? A sbaraccare portando via tutto? Alla fine è anche questione di rispetto sia per i cittadini che per chi abita sopra o accanto, che per gli ex colleghi commercianti che tentano ancora – e qualcuno ce la mette tutta – di stringere i denti. Vediamo se il 2015 sarà l’anno della svolta, almeno in termini di obblighi da (far) rispettare.

Leggi l’articolo: Il Tirreno

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