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PARLIAMONE.
L’articolo comparso su Il Tirreno l’11 gennaio scorso La città che “odia” il mondo del marmo.. è a singolare firma di Claudio Figaia..
(non era Braglia a scrivere di Marmo? ndr)
La tesi sostenuta che vede fautori e Detrattori dell’escavazione, vicendevolmente sordi alle ragioni dell’altro, è fortemente contestabile : i cittadini e le associazioni ambientaliste, da sempre sono presenti a tutte le occasioni di confronto, talvolta ne sono addirittura i promotori, sono da sempre in cerca di strade per avviare il cambiamento e investono volontariamente molto del loro tempo, senza interesse alcuno, se non una convinta spinta ideale! Inoltre il commento relativo all’invidia nei confronti della ricchezza dei “signori del marmo”, non è pertinente: la convinzione che l’ambiente e la salute valgono più del denaro è patrimonio comune di tutti coloro che sono scesi in piazza, e stupisce che un giornalista si riduca ad un tale commento!
Ma di commenti (e numeri) ne abbiamo letti veramente molti, in questi pochi giorni dopo la forte manifestazione del 4 gennaio a Massa (al giornalista è sfuggito che il 3 c’è stato un evento altrettanto partecipato a Carrara, organizzato dai cittadini stessi!): hanno “dato i numeri” il presidente degli industriali, il sindaco di Massa, il presidente del Parco, l’assessore regionale, e
tutti tentano di dimostrare che tutto va bene e il futuro è radioso!
Lucchetti, nel momento in cui afferma che l’area su cui si scava è solo il 2% delle Apuane, potrebbe anche dirci che percentuale sono quei 20 kilometri quadri in rapporto all’intero territorio italiano, o al mondo intero! La percentuale che potrà enunciare diventerà sempre più piccola, ma la concentrazione di devastazione non cambia, anzi il secondo dato che ci fornisce ovvero che dalle Apuane proviene il 5% dell’escavato di tutta Italia, chiarisce meglio in quale pericolo ci troviamo: infatti le nostre aree estrattive sono ben lontane dall’essere il 5% come nel caso del territorio italiano: in rapporto, siamo solo un piccolo territorio dove la devastazione è molto concentrata!
Inoltre, quando ci fa sapere che in passato, con l’uso dell’esplosivo, l’80% del materiale andava perso, sembra trascurare il dato che anche al giorno d’oggi le percentuali di resa media dichiarate e accettate da regione e comuni, sono al di sotto del 20%, quindi cosa è cambiato a parte il numero degli addetti al monte, per difetto (se non ve ne foste accorti, ndr)?
Inoltre ci si chiede: se l’escavazione e le percentuali di resa sono sempre le solite, e il quantitativo delle scaglie e terre scende, dove restano i detriti ? Forse al monte, buttati nelle cave dismesse, giù dai versanti, disciolti nei fiumi o ad intasare sorgenti?
Oppure le percentuali di resa sono maggiori, come continuiamo a dire inascoltati da tempo?
Delle due solo una ipotesi può essere vera!
Ci faccia sapere presidente! 😊
Le cave che non rispettano le rese frantumano il marmo apposta per vendere detriti, e devono essere chiuse.
Il sindaco di Massa Persiani, sedicente leghista, impegnato a rilanciare l’immagine dell’escavazione con desolanti “esperienze” estive, esce sui giornali accostando una volta ancora l’escavazione a Michelangelo, evidentemente sordo alle grida dei giovani concittadini, che scrivono sulle montagne:
“l’escavazione non è arte!”
Il presidente dell’ente Parco delle Alpi Apuane, Putamorsi, rieletto in modo funzionale dal “sistema toscano Rossi” – Enrico Rossi, se non fosse chiaro – con grandi promesse di porre un freno all’escavazione nel Parco ci fa sapere invece che nel parco stesso rilascia almeno 25 piani di coltivazione ogni anno! Altro che progressiva chiusura!
Solo da Carrara a trazione Grillina non giungono dichiarazioni perché qui si lavora al nuovo regolamento a porte blindate, che nuovo in realtà non è perché nulla dice sui beni estimati.
Qui, o tutto verrà risolto a Roma, oppure il comune resterà come chi vuole regolamentare l’affitto della sua casa, ma il 30% della casa non è suo!
Ma chi ha questo 30% della casa si proclama benefattore verso la città, e si fa vanto di distribuire “briciole” travestite da “ricchezza” a noi comuni mortali, esercitando disdicevoli teatrini e aste beffarde.
La ricognizione degli agri marmiferi comunali è un adempimento richiesto dalla regione Toscana al comune di Carrara da molti anni, tramandato dalla precedente amministrazione a quest’ultima: si tratta di determinare le estensioni e la collocazione dei beni “non disponibili” a cui fa riferimento la bozza del nuovo regolamento degli agri marmiferi: è quindi un dato fondamentale per capire se il nuovo regolamento potrà effettivamente governare il territorio a monte, o no.
L’argomento è di estrema rilevanza perché i beni estimati del 1751 erano meno della metà di quelli che si ritrovano nel catasto del 1820-24. Il regolamento degli agri marmiferi del 1994 faceva riferimento al catasto del 1820-24 perché era il primo disponibile in forma grafica, dove le aree si potevano far corrispondere con le attuali. Ma con l’avanzamento della tecnica, ora sono state realizzate (e sono disponibili anche al comune), le mappe che visualizzano graficamente anche la situazione del 1751, quindi perché non usarle, e ricondurre i beni estimati alla loro VERA estensione del tempo dell’editto? qualora dovessero mai risultare di natura effettivamente privata.
E’ una questione importante, perché il rilascio delle concessioni è stato sempre impedito (anche nel regolamento del 1994) dal fatto che almeno il 30% delle aree di cava sono dichiarate beni estimati: provate ad affittare una casa dove 1 stanza su tre è di qualcun altro..
La cittadinanza non è interessata a sapere i dati sensibili riguardanti nomi e cognomi di coloro che vantano di avere delle proprietà sulle montagne: interessa invece molto sapere come è stata fatta la ricognizione, se sono stati esclusi i beni inseriti successivamente da notai compiacenti, ma soprattutto se sono state utilizzate le tecniche che permettono di arrivare al ridimensionamento delle superfici raddoppiate fra il 1751 e il 1820-24.
Invece oggi la commissione “politiche per il marmo”
lavora sulla ricognizione degli agri marmiferi comunali a porte chiuse,
perché lo richiedono i tecnici degli uffici?
(la politica sotto scacco dei burocrati!).
Basterebbe secretare i nominativi e rendere pubbliche le procedure seguite e le conclusioni raggiunte. Invece siamo già stati abituati più volte a vedere l’amministrazione prediligere la trattativa privata e segreta (Villa Ceci, Hotel Mediterraneo per dirne due a caso), non rendendosi conto che l’unico sostegno che potrebbe invece aiutarli sarebbe proprio quello della cittadinanza.
A pensare male si fa peccato,
ma spesso ci si azzecca!
purtroppo, continua..