C’è un pezzo di Avenza, proprio nel cuore storico della frazione, fra la Torre di Castruccio e il fiume Carrione, che a quattro mesi dall’alluvione subisce ancora nel commercio gli effetti del disastro. Perché, anche se il muro il 5 novembre scorso è crollato poco più a valle del ponte di via Pucciarelli, e l’acqua ha preso la rincorsa verso Marina, gli esercenti di piazza Finelli dove c’è la chiesa di San Pietro, seppure non abbiano dovuto spalare il fango dai propri locali come hanno dovuto invece fare tanti loro colleghi, stanno ancora aspettando di uscire dal tunnel delle difficoltà.
E sì: perché il tratto di via Argine sinistro, fra il ponte di via Giovan Pietro e il ponte di via Pucciarelli, è rientrato nei lavori di somma urgenza per consolidare gli argini del Carrione dalla metà di novembre, quando, per sicurezza, sono stati chiusi dal Comune l’asilo Collodi e il Nido.
L’acceso in via Argine sinistro da via Pucciarelli è stato quindi interdetto. Per accedere al forno, al bar, alla pizzerie, alla saponeria e alla macelleria che si trovano fra piazza Finelli e via Luni-via Europa si arriva passando solo dal ponte di via Giovan Pietro curvando a destra fino al mercato coperto dove ci sono diversi parcheggi, e proseguendo per pochi metri: i posti per le auto sono contati. Per uscire da quell’imbuto c’è una sola strada che sbocca sulla via Pucciarelli-Covetta.
Il problema, dicono gli esercenti della zona, è la chiusura dell’accesso di via Argine sinistro da via Pucciarelli, per via dei lavori sul Carrione. Per cui la clientela deve fare il giro di Avenza ed accedere da via Giovan Pietro.
Da quattro mesi la clientela è calata: troppi disagi sulla viabilità. Lo confermano gli stessi commercianti, i quali si lamentano anche del fatto che i lavori di somma urgenza sono andati spediti in quattro mesi,ma che da una ventina di giorni, non vedono più nessun operaio sul posto.
Dalla Provincia si apprende che le opere sono terminate e che mancano ancora alcune verifiche per cui via Argine destro dovrebbe essere presto riaperto. Ma per ora c’è lo sbarramento.
Denni Bordigoni, del Bar Ischia, è preoccupato: «Il tratto chiuso di via Argine sinistro ha creato anche un problema di parcheggi. La mia attività è quasi ferma, ma il costo dell’attività va pagato, come le bollette. Ho 27 anni da cinque gestisco il bar. Non ci lamentiamo certo dei lavori di somma urgenza, che sono andati avanti senza intoppi, ma da venti giorni il cantiere è fermo. Abbiamo chiesto notizie al Comune e alla Provincia, ma ci hanno fatto rimbalzare da un posto all’altro, e non abbiamo risposte. Il Comune avrebbe potuto in questo periodo di disagio riaprire piazza Finelli alle auto, come parcheggio. Perché qua il nosttro lavoro è calato, anche perché sono chiusi gli asili: prima avevo un certo giro di clienti fra mamme e maestre, per le colazioni, ma da mesi è cessato».
La chiusura degli asili e la viabilità mezza chiusa, ha inciso anche sull’attività della “Casa dei detersivi”. Sulla porta c’è Giovanna Marciasini: Speriamo che riaprano via Argine sinistro al più presto. Ora con gli asili chiusi e la gente che per arrivare qui deve fare il giro di mezza Avenza, è un disastro ».Riccarda Barbieri del forno a fiano del bar Ischia, sta servendo alcune signore: «Che si sbrighino a finire i lavori. Nel mio forno in certe ore del giornon viene più nessuno». Nella macelleria di piazza Finelli, che esiste dal 1972, Barbara Mosti avrebbe voluto che fosse riaperta la piazza pedonale da anni. «Con questa situazione, c’è un problema di viabilità per tutti. Io ho visto calare le mie vendite, i clienti devono fare troppi giri per arrivare qui; alcuni più affezionati sono rimasti, ma altri… Forse il Comune avrebbe anche potuto aprire via 24 Maggio in senso contrario per agevolarci, ma non è stato fatto nulla». Stesso stato d’animo per Roberto Vanelli della Pizzeria La Torre: «Un pianto totale. mancano i parcheggi, mentre prima c’era lo sfogo su via Argine sinistro».
Queste attività produttive che non sono state alluvionate come a Marina, raccontano la storia di un pezzo di Avenza storica, che non vorrebbe essere dimenticato.
Da “Il Tirreno” del 4 marzo 2015