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Intervento del Consigliere Giuseppe Scattina su Area S.p.A. al Consiglio Comunale del 19 Ottobre 2015

scattina 1Di seguito pubblichiamo il testo dell’intervento del Consigliere Comunale di Opposizione Giuseppe Scattina in merito all’Area S.p.A.

“Voglio fare alcune considerazioni sulla storia di questa area e sulle reali indicazioni alla sua vendita in questo particolare momento.

Sono anni che gli amministratori di Carrara pensano di vendere l’area retroportuale, di cui detengono circa il 36 % (che assieme alle quote in possesso del Comune di Massa e alla Provincia dà alla parte pubblica la maggioranza delle azioni) per far cassetta e mettere a posto i bilanci del comune.
Già qualche tempo fa la nostra amministrazione comunale voleva farlo, preoccupata dei debiti della Strada dei Marmi, ma dopo l’accordo con gli industriali per le nuove tariffe sul marmo si è fermata.

Quando venne costituita la società Area spa, quasi tutte le azioni erano di proprietà pubblica e l’unico partner privato era l’Illva che confluì nella società, mettendoci le sue aree, in vista dell’acquisto di queste da parte dei comuni. La creazione di questa società aveva la finalità di permettere al comune di Carrara di favorire la reindustrializzazione e di guidarla e controllarla, attraverso una politica delle aree.

Ma questa destinazione iniziale non è stata poi perseguita, se non del tutto marginalmente, dal Comune, da nessuna delle amministrazioni che si sono succedute e l’area, nonostante sia in zona strategica e a due passi dal porto e quindi di grande pregio non è mai stata utilizzata, come sarebbe stato possibile, per ricavarne qualche reddito.

Quando Area S.p.A. entrò in crisi, rischiando il fallimento, date le spese sostenute per la sua riorganizzazione, la Porto S.p.A., rilevò le aree dell’Illva e fece il suo ingresso nella società ottenendo in affitto l’intera zona.
Perciò, nonostante il Consiglio di Amministrazione della società Area sia costituito da rappresentanti degli enti pubblici e della Porto S.p.A., è questa che ha il controllo totale del complesso e il suo amministratore delegato, Nardi Filippo fu anche amministratore delegato di Area S.p.A. fino al 2012, come dire un controllato che controlla se stesso, uno che fa come Amministratore Delegato di una società affari con un’altra società di cui è egualmente amministratore delegato. Una condizione che qualche problema di conflitti di interesse poteva forse crearlo, non fosse che per il fatto che il 51 % di questa società è pubblico.

Da quando il comune di Carrara si è disinteressato della gestione di Area e si è posto come prospettiva solo quella di vendere la sua quota, nessuno degli amministratori ha mai pensato ad altro possibile acquirente se non alla Porto S.p.A.. Non era venuto in mente a nessuno che ci potessero essere altri soggetti economici e altri imprenditori interessati ad acquisire parte o tutta la quota pubblica. Neanche le forze politiche che si opponevano alla vendita, cioè alla privatizzazione, come Rifondazione, immaginavano che ci potessero essere altre possibilità tra la vendita alla Porto e l’utilizzo delle aree in mano pubblica per favorire e controllare lo sviluppo industriale locale.

Più volte precedenti sindaci come Segnanini e Conti, in previsione della vendita, hanno fatto fare perizie per poter stabilire il prezzo dell’area, ma sempre e solo in vista di un unico possibile acquirente e non per metterla sul mercato e innescare i meccanismi della concorrenza e quindi per strappare prezzi più alti.

Offrendo le aree sul mercato è ovvio che il loro valore cresca.

Il comune ha l’obbligo di vendere cercando il miglior offerente e di favorire la concorrenza nel libero mercato. Dovrà essere il mercato a stabilirne in modo trasparente il prezzo reale.

Si deve pensare che per la Porto S.p.A. è importante acquistare l’intera area e recidere questo rapporto col pubblico, perché oggi è lei che decide le politiche industriali su quelle aree che avrebbero dovuto consentire al comune di Carrara di pesare nelle scelte produttive di questo territorio e favorirne il rilancio.

Avrà la disponibilità piena e incontrastata dell’intera area, senza che il comune possa e osi in qualche modo intervenire. I miliardi (in lire) che le sono bastati per entrare nella società, comprando le quote dell’Ilva, le hanno garantito la disponibilità dell’intera area a un affitto privilegiato per molti anni.

Successivamente ha subaffittato alla Nuova Pignone decine di migliaia di metri quadrati di Area. Questo solo subaffitto fa entrare nella casse della Porto spa, molto più denaro di quanto non ne debba far uscire per pagare l’affitto di tutta l’area retroportuale.

nuovo pignone

C’è da chiedersi come mai il comune di Carrara con le altre amministrazioni pubbliche non abbia mai cercato di far fruttare a vantaggio della collettività questo bene pubblico, controllando contemporaneamente anche lo sviluppo industriale locale della zona?

Che cosa avrebbe impedito alle amministrazioni di affittare loro al Nuovo Pignone le aree che ha preso da Bogazzi, guadagnandoci lautamente sopra come fa la Porto? E se oggi il comune avesse la disponibilità di questa sua proprietà, avrebbe la possibilità di indirizzare le scelte produttive di questa zona e di governarne lo sviluppo, decidere se debba svilupparsi la nautica da diporto, se sia meglio legare queste aree allo sviluppo del porticciolo turistico, se sia preferibile favorire l’afflusso di altri soggetti imprenditoriali in zona, o anche decidere di favorire, perché no il potenziamento delle attività portuali o quelle dei NCA.

Perché il Comune non si è mai preoccupato di dare attuazione alle finalità strategiche per cui l’area retroportuale era stata acquistata, cioè per indirizzare e governare la reindustrializzazione, che cosa gli impedito di subentrare alla Porto spa, in queste lucrose attività di subaffitto delle proprie quote?

Risulta assai difficile capire in base a quali criteri il sindaco di Carrara Angelo Zubbani possa continuare ad affermare, con il solito trionfalismo, che il modo in cui è stata gestita Area Spa “ha sicuramente valorizzato il bene”.

Innanzitutto, vorremmo far notare al Primo Cittadino carrarese che la cifra di 36 milioni di euro stimata per la vendita dell’intera area retro portuale è ben poca cosa rispetto al valore reale del terreno in questione dato che la variante urbanistica ne consente l’uso da zona di stoccaggio ad industriale, e ne farà aumentare considerevolmente le quotazioni. In altre parole meriterebbe di essere messo all’asta ad un prezzo di almeno il doppio rispetto a quello previsto.

porto

Secondo alcune voci mai smentite ufficialmente sembrerebbe poi che la Porto di Carrara Spa, incassi annualmente dal Nuovo Pignone per il subaffitto dell’area retro portuale una cifra ben superiore ai 900mila euro annui che essa paga per l’affitto dell’intero terreno alla società pubblico-privata Area. Se ciò fosse vero, ci troveremmo di fronte ad uno scandalo e a una speculazione dalle dimensioni immense.

La cosa che ci spinge a sospettare una situazione di assai scarsa trasparenza è il fatto che l’accordo tra Porto S.p.A.e Pignone per l’utilizzo di detta porzione dell’area retro portuale sia stato raggiunto a giugno del 2010, quando la società che fa capo ad Enrico Bogazzi non poteva ancora avere la certezza assoluta che il contratto in corso con Area per l’affitto di quel terreno, in scadenza al 31 dicembre dello stesso anno, le sarebbe stato rinnovato.

Dal momento che Area è una società mista a maggioranza pubblica (Comune di Carrara 36,07%, Comune di Massa 4,36%, Provincia di Massa-Carrara 10,75%, Porto Spa 49%) occorrerebbe prendersela con coloro che guidano gli enti pubblici azionisti di tale società, visto che hanno dei rappresentanti nel suo C.d.A..
Possibile che a nessuno sia venuto in mente che la Porto avrebbe potuto pagare un canone di affitto molto più alto rispetto a quello versato attualmente, grazie all’accordo di sublocazione raggiunto con il Nuovo Pignone?

Pare evidente che, ancora una volta, il nostro Comune, con un prezzo di vendita così basso, voglia fare l’ennesimo regalo ai soliti poteri forti a scapito della collettività. Non bisogna essere Nostradamus per prevedere che alla gara per l’acquisto si presenterà solo la Porto di Carrara S.p.A.. Lo stile è lo stesso usato con le valutazioni al ribasso del valore medio delle cave.

Concludo con la considerazione che in questo affare vi è stata poca trasparenza, si sta svendendo una vasta area e per di più senza competitori. Si sta svendendo perché bisogna fare cassa, l’amministrazione deve colmare i buchi di bilancio.
Esiste comunque un’alternativa a questa svendita. E qui sarò monotono: cominciare a fare pagare il giusto canone di concessione agli industriali del marmo, portando questi canoni al valore di mercato del marmo estratto. Valori sottostimati come ha ammesso oltre un anno fa anche il dirigente del settore marmo del nosro comune Marco Tonelli.

Io credo che la quota di maggioranza in mano pubblica di Area S.p.A. per il momento non dovrebbe essere venduta ed attendere che la situazione economico-finanziaria locale e nazionale sia migliorata per metterla in vendita in tal modo potranno presentarsi alla gara altri competitori, oltre alla Porto di Carrara Spa. Nel frattempo aumentiamo il canone di affitto alla Porto di Carrara Spa per concedergli l’area di nostra proprietà che poi le subaffitta alla General Electric (Nuovo Pignone).

Infine, qualcuno dice che è la legge che ci impone di vendere perché è una società di servizi di cui il Comune se ne deve alienare, ma ricordiamoci che alla sua creazione, nel 1991, aveva la finalità di permettere al Comune di Carrara di favorire la reindustrializzazione e di guidarla e controllarla, attraverso una politica delle aree. Cosa che non è stata fatta.”

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